In questa guida spieghiamo quali sono le regole da seguire nell’installazione di telecamere in condominio e mettiamo a disposizione un fac simile liberatoria per installazione telecamere in condominio.
L’installazione di telecamere in ambito condominiale è un tema molto scottante nel diritto perché è sempre più frequente la richiesta da parte dei condomini di un sistema di videosorveglianza con finalità di autotutela e protezione contro ladri e malintenzionati. Tali richieste, ovviamente, portano molteplici conseguenze che vanno considerate in modo preventivo per impedire violazioni del diritto alla privacy.
In via generale, è possibile sostenere che qualsiasi sia il contesto in cui vengono installate le telecamere, ma soprattutto in condominio, è necessario rispettare una serie di norme che vanno dalla legge sulla privacy a diverse norme applicabili che non devono essere violate in nessun caso. In considerazione di tali criticità, è intervenuta l’associazione Federprivacy per eseguire una ricerca sul rispetto delle norme che riguardano la privacy in tutte le regioni d’Italia, pubblicando un rapporto che contiene dati veramente allarmanti.
Non bisogna dimenticare che per anni il legislatore non si è preoccupato di legiferare sul tema della videosorveglianza nei condomini, affidando la disciplina della materia alla giurisprudenza che ha emesso nel corso dell’ultimo decennio interessanti pronunce. Con un lento cambio di mentalità, infatti, ricordiamo che per anni è stata vietata l’installazione di telecamere che riprendessero parti comuni dello stabile in nome del diritto alla privacy e di possibili lesioni al diritto della riservatezza, così come statuito dal Tribunale di Milano numero 4164 del 1992.
Con la sentenza emessa dal Tribunale di Nola il 3 febbraio 2009, il divieto è stato poi limitato al singolo condomino in caso di sproporzione tra il bisogno di garantire sicurezza all’edificio e la violazione della privacy. Nella prima decade degli anni 2000, invece, si è giunti a un’importante svolta che ha consentito di installare le telecamere in condominio previa delibera favorevole dell’assemblea. Una possibilità che è estesa anche al singolo condomino che intende inserire un sistema di videosorveglianza per ragioni di sicurezza nelle aree comuni. In tal senso si è espressa la Cassazione di Varese con la sentenza n. 1273 del 2001 e il Tribunale di Roma nel 2009 e la Cassazione n. 44156 del 2008.
Indice
Come installare le telecamere in condominio
La legge, oggi, consente di votare in assemblea di condominio l’installazione di telecamere nelle aree comuni dello stabile. Si tratta, in pratica, dell’impianto di videosorveglianza nell’androne, nel cortile, nelle scale e nei luoghi di proprietà di tutti i condomini. Non solo, è ammessa anche l’istanza del singolo condomino volta a installare le telecamere per osservare e proteggere esclusivamente la propria abitazione o la propria autorimessa. Scopriamo come fare per ottenere tale autorizzazione e come redigere la relativa liberatoria.
Ai sensi dell’articolo 1122-ter del codice civile l’installazione di telecamere in condominio necessita di un numero di voti che raggiunga la maggioranza dei presenti all’assemblea e almeno 500 millesimi, cioè la metà del valore dell’immobile.
Come anticipato, però, se il singolo proprietario vuole montare una telecamera per tutelare esclusivamente la sua proprietà privata, non necessita di alcun permesso preventivo, ma dovrà fare attenzione a non riprendere altri angoli del pianerottolo che non gli appartengono. In altre parole, quando la decisione di montare telecamere non proviene dall’intero condominio ma dalla volontà del singolo, questi dovrà fare attenzione al punto in cui verrà installato il sistema di videosorveglianza. In tale caso le telecamere dovranno essere posizionate in modo che la visuale non comprenda le aree comuni né i soggetti che vi transitano.
Nel caso in cui le sue telecamere dovessero riprendere altre aree del piano, egli dovrà affiggere un cartello ben visibile che indichi la presenza della videocamera, affinché chiunque venga ripreso ne sia consapevole. Per quanto attiene alla posizione precisa dove installare il sistema di videosorveglianza, è possibile utilizzare le aree comuni dello stabile come, ad esempio, i muri del pianerottolo e quelli interni.
Le telecamere che vengono installate nel condominio devono riprendere solo
-le aree comuni come le scale, il cortile, il parcheggio e l’ascensore
-la proprietà privata del condomino che le ha volute in modo autonomo.
In quest’ultimo caso, però, la giurisprudenza ha specificato che è possibile riprendere gli spazi condominiali comuni quando questo sia indispensabile e direttamente funzionale alla protezione della propria unità immobiliare. Ciò non significa che ogni condomino deve sentirsi libero di controllare le aree condominiali, infatti, anche quando ci si trovi su un pianerottolo e uno dei dirimpettai decida di installare delle telecamere, le riprese sono legittime solo se l’inquadratura si limita a riprendere l’area relativa all’abitazione, senza intaccare la restante parte del piano. In altre parole, la ripresa anche solo della soglia di casa del proprio vicino rappresenta violazione della privacy e dunque illecito da sanzionare ai sensi del Codice della privacy.
Come segnalare la presenza di telecamere e modalità di conservazione delle riprese
Le telecamere montate in condominio vanno sempre segnalate con cartelli chiari e ben visibili. Inoltre, le registrazioni possono essere conservate solo per 24 o 48 ore, per venire incontro a specifiche esigenze come la chiusura di esercizi commerciali o festività. Non dobbiamo dimenticare che le riprese devono avere ad oggetto esclusivamente le parti comuni che si vogliono monitorare come l’androne, il cortile e le scale, evitando la ripresa delle aree limitrofe e degli spazi non strettamente funzionali alla sicurezza del condomino interessato.
Parliamo, dunque, di esercizi commerciali, edifici e strade la cui riservatezza va tutelata come interesse di fondamentale importanza. Si ricorda che le immagini e le riprese che vengono raccolte mediante videoregistrazione vanno tutelate con misure di sicurezza preventive atte a consentire la loro visione esclusivamente all’incaricato del trattamento, al responsabile o al titolare.
Qualora il condomino che ha installato le telecamere non rispettasse tali indicazioni, i vicini di casa o chiunque sente di aver subito una violazione del proprio diritto alla privacy possono fare richiesta al titolare di rimuovere l’impianto o di spostarlo. Qualora la richiesta fosse ignorata, è possibile ricorrere al Tribunale ordinario presentando la propria istanza.
Quando, infine, è l’amministratore ad aver installato le telecamere su istanza di uno dei condomini, è possibile ricorrere in giudizio contro l’amministratore per veder riconosciuta la sua responsabilità per aver superato i limiti del suo mandato.
In quest’ultimo caso l’amministratore può tutelarsi chiedendo agli altri condomini di firmare una liberatoria nella quale accettano l’installazione della telecamera e l’eventuale ripresa di aree di loro appartenenza. Con questo strumento il legislatore ha voluto trovare un escamotage che salvaguardi l’amministratore che e il titolare dell’impianto contro eventuali denunce da parte dei proprietari dello stesso pianerottolo o, nel caso in cui la telecamera sia installata all’esterno, anche contro eventuali azioni dei titolari degli esercizi commerciali ubicati nelle zone limitrofe.
La liberatoria “libera” definitivamente il proprietario dell’impianto dalla responsabilità di eventuali violazioni della privacy. Ciononostante, egli deve mantenere sempre un comportamento volto alla correttezza e alla buona fede, rispettando il limite di detenzione delle immagini e dei video non oltre le 48 ore e senza diffonderle a terzi.
Le indicazioni del Garante e le regole del GDPR – La liberatoria
Secondo il Regolamento UE 2016/679 e il Codice Privacy, così come modificato dal D. Lgs numero 101 del 2018, uno degli elementi imprescindibili per l’installazione e l’utilizzo di telecamere in condominio è il corretto adempimento dei doveri di informazione richiesti dall’articolo 12 del GDPR attraverso il rilascio di un’informativa, chiamata anche liberatoria.
Seguendo le FAQ pubblicate sulla piattaforma del Garante, elaborate in perfetta corrispondenza alle indicazioni dell’European Data Protection Board, meglio conosciuto come Comitato Europeo per la Protezione dei Dati che ha redatto le Linee Guida numero 03 del 2019, l’impianto di videosorveglianza richiede un doppio grado di informazione di tipo progressivo.
Questo significa che occorre in primo luogo inviare ai soggetti interessati una informativa sintetica nella quale si rende nota la presenza di telecamere. Tale liberatoria può essere comodamente scaricata dal sito dell’Autorità Garante e viene posizionata all’inizio dell’area sorvegliata per avvisare chiunque vi acceda che si tratta di zona videosorvegliata.
La seconda liberatoria è più completa e presenta tutti i requisiti richiesti dall’articolo 13 del GDPR. Infatti, essa può essere affissa nelle bacheche o nei locali commerciali del titolare del trattamento o essere pubblicata sul suo sito web. Entrambe le liberatorie rivestono un ruolo di primaria importanza perché garantiscono che il comportamento del titolare sia volto alla correttezza e alla buona fede, e permette ai vicini e agli altri condomini di essere edotti dell’installazione e della presenza di sistemi di sorveglianza, preparandoli anche a un’eventuale contestazione nel caso in cui venisse posta in essere una violazione della privacy.
Un altro principio di grande importanza che abbiamo menzionato precedentemente è il principio di accountability, introdotto dal regolamento all’articolo 5 parte 1 lettere c) ed e) del GDPR. Secondo tale norma il titolare del trattamento deve individuare tempi di conservazione delle immagini e delle registrazioni adeguati, evitando di mettere a rischio la libertà e i diritti delle persone fisiche coinvolte.
In altre parole, il Garante chiede che si tenga conto del principio di minimizzazione e della limitazione della conservazione di video e immagini di terzi, cancellandoli dopo pochi giorni mediante sistemi automatici. Come anticipato, il tempo di conservazione non deve superare le 48 ore, ciò significa che se si conservano per 72 ore occorrerà provare i motivi per i quali si è proceduto in tal senso, motivandone la necessità e l’urgenza. In quest’ottica, l’onere della prova circa la legittimità della conservazione oltre il tempo consentito ricade sul titolare del trattamento che dovrà fornire prove convincenti per giustificare tale atteggiamento.
Nelle Linee Guida viene poi menzionato il caso particolare dell’esistenza di servitù di passaggio: in questo caso, infatti, sarà necessario ottenere anche il consenso del titolare del diritto di servitù. Inoltre, se il proprietario delle videocamere installasse una smart cam nella propria unità abitativa, dovrà comunque impedire il monitoraggio di quegli ambienti condominiali che ledono la dignità della persona, come stanze da letto o i bagni.
A tal fine dovrà proteggere tutti i dati acquisiti con misure di sicurezza adeguate, soprattutto quando il sistema di videosorveglianza sono connesse a Internet. Attenzione, il dovere di informare le persone riprese ricomprende anche baby sitter e collaboratori domestici che devono poter accedere alle aree videosorvegliate in modo consapevole.
L’installazione di telecamere da parte del singolo condomino
Se l’impianto video viene installato dal singolo condomino per fini esclusivamente personali non si pone il problema della tutela della privacy; ciononostante, vi sono alcune norme da rispettare per non incorrere in specifici illeciti. In questo caso, infatti, il condomino non dovrà apporre alcun cartello che segnala la presenza di sistemi di videosorveglianza ma dovrà fare massima attenzione a inquadrare solo il suo spazio privato senza riprendere aree di terzi proprietari. In altre parole, egli dovrà riprendere solo la sua porta di casa e non il pianerottolo, la strada e la porta del suo vicino. Se si tratta di videocamere installate nell’area del proprio box auto, egli dovrà fare attenzione a inquadrare solo il proprio box e non l’intero garage.
Ma cosa succede se tali norme vengono violate? Il mancato rispetto del Codice della Privacy porta come conseguenza l’applicazione di sanzioni penali e civili. La decisione del legislatore circa la punibilità di tali comportamenti è motivata dal fatto che essi danneggiano la sfera privata del soggetto interessato, così come viene sancito dall’articolo 161 e seguenti del Codice Privacy. Secondo tali norme, infatti, contestualmente all’accertamento della violazione la vittima può chiedere al giudice anche l’eventuale risarcimento dei danni.
Una parte della dottrina si è chiesta se le riprese video eseguite all’interno di un condominio possono essere considerate mezzi di prova legittimi e producibili in giudizio. Con sentenza numero 28554 del 2013 la Cassazione ha stabilito che le registrazioni effettuate sia condomino singolo che dall’intero condominio sono a tutti gli effetti mezzi di prova legittimi e dunque costituiscono prove documentali ammesse in giudizio ai sensi dell’articolo 234 del codice di procedura penale.
Non conta che il proprietario delle telecamere abbia o meno rispettato le istruzioni impartite dal Garante della Privacy, dal momento che tale disciplina non impedisce l’esercizio dell’azione penale. Così si è espressa più volte e in modo unanime la giurisprudenza con le sentenze della Cassazione numero 6813 e 28554 del 2013, secondo cui la violazione del Codice della Privacy non costituisce sbarramento alla possibilità di esercitare l’azione penale.
Fac simile installazione di telecamere in condominio
Di seguito è possibile trovare il fac simile installazione telecamere in condominio in formato Word da scaricare. Il documento può poi essere aperto e modificato inserendo i dati mancanti.