Chi abita all’interno di un condominio, o comunque chi ha intenzione di trasferirsi in una struttura di questo tipo, deve tenere in considerazione problematiche legate all’essere in stretto contatto con i propri vicini di appartamento. Tra questi i rumori condominiali.
Può capitare, infatti, che si abbia a che fare con persone particolarmente chiassose, che disturbano il riposo altrui e che rendono davvero difficile trascorrere la notte, o altri momenti della giornata, serenamente e circondati da un meritato silenzio.
Da qui la domanda: esistono degli orari specifici di silenzio in un condominio? Qua di seguito troverete tutto ciò che è bene sapere a riguardo, soprattutto per far sì che il condomino riesca a tutelarsi contro le mancanze di rispetto altrui.
Indice
Condominio e orari di silenzio – Quali sono e cos’è importante sapere sul tema
Partendo subito da un esempio pratico e concreto: il condomino posto al piano superiore effettua una ristrutturazione dell’appartamento e gli operai cominciano a lavorare molto presto, quando tutto il resto del condominio si trova ancora sotto le coperte. Il martellio è insopportabile e rimanere a letto non è più un’opzione valida, anche con una giornata di lavoro da affrontare.
Cosa fare allora? Risulta normale fare così tanto rumore al mattino presto?
Sul punto è bene precisare che la normativa attualmente vigente non si esprime sugli orari. Il che significa che non esiste una legge che sancisca in modo definitivo quali possono essere considerate le ore di riposo oppure di lavoro, nell’ambito di un appartamento o di un ufficio. A tal proposito i vari Comuni potrebbero stabilire, all’interno di uno specifico regolamento, quelli che sono i dettami da seguire nei centri di tipo storico o ove la popolazione che vi abita è particolarmente elevata, benché unicamente per quanto attiene ad attività di genere commerciale quali ad esempio le palestre, le fabbriche, i locali di vario genere e così via.
Al contrario, in tema condominiale occorre quindi fare riferimento ad un articolo del vigente codice civile, il quale però è dotato di un contenuto piuttosto ampio che, a limite dovrà essere amalgamato con ciò che prevedono i regolamenti di tipo condominiale.
Nello specifico, la norma in questione è l’articolo numero 844 del codice civile, il quale sancisce che non è possibile porre un divieto nei confronti del vicino di porre in essere tutti quegli specifici rumori che fanno parte del cosiddetto normale livello di tollerabilità. Una previsione abbastanza farraginosa e alquanto ovvia, sotto certi punti di vista: appare oltremodo evidente che quel che è considerato tollerabile non viene reputato molesto e, pertanto, può agilmente essere sopportato giacché non costituisce un illecito.
Finalità della norma è però quello di dettare una disciplina generale, che sarà poi il giudice, di volta in volta, a seconda del caso concreto e della controversia, ad applicare e a stabilire ciò che è giusto e cosa invece non è considerato tollerabile. Egli infatti terrà conto di alcune circostanze su cui baserà la propria decisione: tra queste l’intensità di tutti i rumori prodotti (in altre parole valuterà a seconda di dove sono arrivati questi rumori, ascoltando magari, in qualità di testimoni, il resto dei condomini presenti nell’appartamento; la fascia oraria in cui i rumori sono stati generati; le convenzioni di natura sociale (solitamente ogni famiglia, in media, si corica ai fini del riposo dalle ore 21:300 oppure dalle ore 22:00); il luogo in cui si trova geograficamente il condominio (se questo è posto o meno in una zona di tipo residenziale, oppure in un’area urbana che sia particolarmente trafficata e quindi rumorosa).
Da quanto appena enunciato ne consegue che il codice civile non detta gli orari ove è possibile far rumore e quelli invece di silenzio, bensì concede una certa libertà in questo senso, giacché la legge si rimette al buonsenso dei condomini. Qualora però dovesse insorgere una controversia, starà allora al giudice risolvere la questione a seconda della casistica precisa.
In particolare e sulla base di quanto appena enunciato, il giudice dovrà esaminare il caso tenendo in considerazione le abitudini della gente, valutando le attitudini dell’uomo che viene reputato comune: non considererà, quindi, quello che si corica alle sette di sera e si sveglia alle quattro le mattino, né tantomeno colui che va a letto alle due di notte passate e si alza verso l’ora di pranzo.
Secondo una stima media, una persona si mette a cenare attorno alle otto di sera e, passata circa un’oretta, di solito è pronta per prepararsi per la notte, o anche solo per mettersi sul divano a guardare la tv. Trattasi di persone che, sempre di media, cominciano a lavorare attorno alle 8:00/8:30 del mattino, il che significa che solitamente prima non si svegliano.
Il che significa che in simili orari è opportuno fare silenzio e avere rispetto per i condomini. Lo stesso vale per gli orari della notte. Ad esempio, accendere la televisione alle nove di sera è cosa normale, mentre non lo è alle due o alle tre di notte, soprattutto se il volume è particolarmente elevato. Lo stesso vale per chi passa l’aspirapolvere alle sei del mattino, giacché disturberebbe chi sta ancora dormendo prima di affrontare una stancante giornata di lavoro.
Simili atteggiamenti, infatti, potrebbero essere facilmente oggetto di controversia e di lamentele da parte del vicinato.
In ogni caso, preme ribadire che il giudizio relativo a quella che viene definita tollerabilità trae il proprio riferimento all’interno del codice civile.
Sul tema è intervenuta più volte la Suprema Corte di Cassazione con varie sentenze. Nell’anno 2010, ad esempio, ha stabilito che le immissioni reputate rumorose, nonché persistenti, generate da un’attività di tipo produttivo, vanno considerate di natura illecita quando vanno a ledere la quotidianità dei vicini.
Lo scopo è dunque la tutela della salute dei soggetti terzi, sulla base dell’articolo 2043 del codice civile, dell’articolo 2059 del codice civile, dell’articolo 32 della nostra Costituzione e dell’articolo 844, secondo comma, del codice civile. Tale diritto dev’essere necessariamente garantito nell’ambito di tutti quei rapporti inerenti ai rapporti con i vicini.
I rumori che infatti si susseguono per diverse ore vanno a ledere inevitabilmente determinati valori, quali la possibilità di riposare durante la notte, il vivere sereni, il mantenere il giusto equilibrio mentale, nonché l’abitare tranquilli all’interno della propria abitazione. Il che comporterebbe un vero e proprio danno di tipo morale per la persona, che quindi potrebbe essere oggetto di apposito risarcimento dopo che dette immissioni sono state opportunamente accertate (così come stabilito dalla Corte di Cassazione Civile con sentenza dell’anno 2014).
Da ciò è facile dedurre che la tutela di una quotidianità quanto più normale e serena possibile si pone al di sopra della facoltà di fare rumore, specie se tutto questo avviene nell’ambito di un condominio, ove è più facile disturbare il vicinato.
Il diritto alla cosiddetta salute, inverso, riveste un ruolo fondamentale, giacché costituzionalmente garantito e quindi reputato inviolabile sotto ogni punto di vista.
Condominio e orari di silenzio – Le previsioni del regolamento condominiale
Posto quanto sopra e stante ciò che detta la legge italiana a proposito di rumori e di tollerabilità degli stessi, occorre adesso considerare un altro aspetto fondamentale sul tema: quelle che sono le previsioni del regolamento condominiale.
In tal caso, di condominio in condominio, spetterà ai vari condomini indicare una fascia di orario precisa entro la quale dovrà essere necessariamente rispettato il silenzio. Il che potrebbe comprendere, ad esempio, anche il riposo dopo pranzo: quindi alle ore quattordici, oppure vietare in ogni caso che vengano effettuati lavori produttivi di rumori a specifici orari.
La giurisprudenza si è più volte espressa in materia, sancendo che nelle ipotesi in cui il regolamento condominiale indichi dei precisi limiti alla produzione dei rumori, quella che è considerata la normale soglia di tollerabilità prevista dall’articolo numero 844 del codice civile, subirà una ulteriore riduzione. Ovviamente ciò non s’intende che all’interno del condominio dovrà esserci un silenzio tombale, ma che i vari condomini saranno tenuti al rispetto degli altri e quindi a prestare molta attenzione ad eventuali molestie di tipo acustico da loro prodotta.
Un regolamento del genere, però, ossia quello che specifichi espressamente quelli che sono gli orari in cui all’interno del condominio deve essere osservato il silenzio, deve per forza ottenere l’approvazione unanime di ogni condomino, giacché questo andrà inevitabilmente a limitare tutte quelle attività che solitamente vengono considerate libere nell’ambito di un appartamento privato.
Detta unanimità può essere raggiunta nel corso dell’assemblea di tipo condominiale (cioè con il voto favorevole di tutti i condomini) o mediante l’approvazione di tale regolamento condominiale davanti ad un Notaio al momento della sottoscrizione dell’atto di compravendita dei vari appartamenti (questo permetterebbe di raggiungere la cosiddetta unanimità in maniera separata, e dunque non contestuale come invece avverrebbe tramite l’assemblea).
Fatto ciò, ossia ottenuta la piena approvazione, il regolamento potrà decidere quali sono le fasce in cui dev’essere obbligatoriamente fatto silenzio.
Condominio e orari di silenzio – Come comportarsi nei confronti di chi non li rispetta e in che modo tutelarsi
Stabilite quelle che sono le regole sul tema, una domanda sorge spontanea: cosa fare nel caso in cui venga violato l’obbligo del rispetto del silenzio condominiale?
Trattasi infatti di situazioni spesso logoranti, che creano conflitti tra condomini che che inducono le persone a passare male la propria quotidianità, soprattutto se non riescono a dormire a causa dei fastidiosi rumori prodotti dai vicini.
Sul punto è bene distinguere differenti casistiche, specie perché la risposta alla domanda dipenderà molto dal numero di soggetti che sarà in grado di percepire detti rumori. In altre parole, se questi raggiungono l’intero edificio o anche gli stabili adiacenti, allora chi li produce potrebbe incappare nel reato definito di disturbo della “quiete” pubblica. Ne è un esempio il condomino che pone la radio, a volume molto elevato, sul terrazzo del proprio appartamento. In una simile eventualità sarà certamente possibile rivolgersi ai carabinieri o chiamare la polizia o anche querelare la persona in questione.
Al contrario, se i rumori arrivano unicamente agli appartamenti che risultano confinanti con il soggetto che li produce, allora chi li subisce avrà la facoltà di richiedere un ordine che sospenda questa tipologia di molestie e, in specifici casi, il risarcimento del danno. In sostanza l’interessato avrà la facoltà di agire in sede civile e non in sede penale, giacché non sussisterebbe alcun reato previsto dal vigente codice penale.
In quest’ultima ipotesi, infatti, sorgerebbe la cosiddetta responsabilità per quello che viene definito fatto illecito, ex art. 2043 del codice civile.
Risulta però necessario fare alcune precisazioni. Se c’è un cane che abbaia all’interno del condomino, ad esempio, la Corte di Cassazione con sentenza n. 7856 dell’anno 2018, ha sancito che il rumore prodotto deve essere tollerato qualora il proprietario dell’animale diminuisce al minimo le circostanze di cosiddetto disturbo, cercando di evitare di agitare il cane. Se poi le casistiche di abbaio sono saltuarie, queste devono comunque essere tollerate dal resto dei condomini.
Appurato ciò e come già brevemente anticipato, i vicini che subiscono i rumori perché vi è un condomino che non rispetta gli orari di silenzio, hanno la facoltà di rivolgersi alle autorità, in modo tale che il disturbo cessi in via immediata.
Qualora tali molestie si protraggano nei giorni, l’amministratore di condominio dovrà procedere con dei richiami inviati tramite lettera al trasgressore. Se anche questi si dovessero rivelare vani, allora gli interessati, e sempre nell’ipotesi di reato, avranno la possibilità di sporgere formale querela nelle sedi competenti.
A ciò si aggiunge che sarà altresì possibile interpellare l’ARPA (agenzia volta alla protezione dell’ambiente) per il grado di “decibel” raggiunti dai disturbanti rumori. E questo può essere fatto sia da un magistrato, sia dal privato.
Non solo: il reato di cui all’articolo 659 del codice penale è rubricato disturbo delle “occupazioni” e del “riposo” delle persone, in cui è possibile incorrere nell’ambito del tema in esame, sebbene, anche in questo caso, l’incidenza del disturbo deve essere pubblica, ovverosia deve essere lesa la tranquillità di un numero elevato di soggetti. In questo caso, infatti, l’interesse che viene giuridicamente tutelato dalla norma in questione è proprio la quiete cosiddetta pubblica, il che significa che i rumori devono per forza arrivare ad un numero pressoché indeterminato di individui.
In ogni caso, quelle appena citato sono ipotesi particolarmente gravi e che quindi si manifestano con meno frequenza. Le ipotesi che maggiormente si presentano all’interno di un condominio sono quelle relative al condomino che passa l’aspirapolvere molto presto la mattina, che invita amici a cena di frequente producendo schiamazzi che vanno avanti fino a notte inoltrata o che, sempre a titolo di esempio, effettua lavori con operai che si mettono all’opera all’alba o nella fascia oraria del riposino post pranzo.
Ed ecco che sorgono le liti, i problemi e i dissapori tra i condomini.
Per prima cosa è sempre consigliato rivolgersi all’amministratore di condominio, il quale cercherà di risolvere la problematica in via bonaria, senza quindi incorrere in un giudizio di natura civile. Egli infatti sarà tenuto a diffidare il trasgressore dal seguitare nella produzione di rumori molesti, che violano gli orari di silenzio espressamente previsti dal regolamento condominiale.
Capita però che anche l’intervento dell’amministratore si rilevi del tutto vano e privo di efficacia. A quel punto sarà possibile procedere in via civile, tramite un’azione di tipo inibitoria associata alla richiesta di risarcimento dei danni morali patiti ai sensi dell’articolo numero 2043 del vigente codice civile.