In questa guida spieghiamo come funziona la diffida di occupazione degli spazi condominiali e mettiamo a disposizione un fac simile di diffida.
Indice
Diffida Occupazione degli Spazi Condominiali
In materia condominiale non è raro che sorgano controversie. I motivi possono essere i più vari, e tra questi rientra anche l’occupazione degli spazi condominiali da parte di uno dei condomini. Da qui la domanda: cosa accade nel caso in cui un condomino oltrepassi il limite e dunque occupa, in maniera del tutto arbitraria gli spazi cosiddetti comuni?
Vediamo insieme tutto ciò che è opportuno sapere sull’argomento e come tutelarsi nel caso in cui uno dei condomini tenga una condotta del genere.
Prima di parlare degli strumenti che chi vive in un condominio ha a disposizione contro il condomino che occupa gli spazi condominiali, è bene far luce sul tema in esame per meglio comprenderlo.
Il vigente codice civile, ed in particolare all’articolo numero 1102, stabilisce che oggi condomino ha la possibilità di usare i beni che sono considerati comuni (ovverosia, appunto, che appartengono al condominio), salvo che questo non si svolga per scopi che siano del tutto contrari alla loro stessa natura, e comunque a patto che il resto dei condomini abbiano comunque la facoltà di farne uso a loro volta. E questo riguarda beni quali ad esempio l’ascensore, il tetto, il cortile, la facciata del condominio, le scale, l’eventuale terrazza e ogni altro bene enunciato espressamente all’articolo numero 1117 del codice civile.
Da qui la già citata domanda: e se un condomino occupa gli spazi condominiali senza averne il diritto? D’altronde non raro che si verifichi l’ipotesi, ad esempio, del condomino che si avvale dello spazio presente nel cortile del condominio per collocarci una vettura ormai vecchia che non viene più mossa da tempo. O, ancora, è possibile che un condomino decida di occupare, del tutto in propriamente, un’area del lastrico di natura solare per depositarci strumenti da falegname di sua proprietà.
In altre parole: incorrere in problematiche e controversie di questo tipo, nell’ambito condominiale, è più frequente di quel che si pensi.
L’argomento oggetto di esame trae la propria disciplina nell’ambito del diritto d’uso, disciplinato dall’articolo numero 1021 del codice civile. Trattasi di un diritto di genere reale, che può, per certi versi, essere accomunato all’usufrutto, ma che si differenzia da esso per determinate limitazioni. In particolare, il titolare di un simile diritto (chiamato usuario) ha l’espressa facoltà di servirsi di un determinato bene che appartiene ad un altro soggetto, nei limiti di “quanto occorra” sia a quello specifico soggetto che alla di lui famiglia.
Il diritto d’uso non può essere in alcun modo ceduto, né dato in locazione (così come sancito dall’articolo 1020 del codice civile).
Da quanto sopra è facile dedurre che il diritto d’uso di natura esclusiva di uno specifico bene, come ad esempio il cortile nell’ambito del condominio, non potrebbe in alcun modo far parte del diritto di genere reale d’uso. Cosa che trova il proprio fondamento nel fatto che quel diritto non sarebbe in ogni caso cedibile: pertanto, cesserebbe con la morte del titolare.
Parlando adesso nello specifico delle parti condominiali che vengono considerate di genere comune, l’articolo numero 1117 del codice civile, come già anticipato, afferma che tra di esse rientrando altresì quelle parti che vengono adibite a parcheggio. Trattasi, in sostanza, di parti che vengono comunemente definite facoltative.
Più nel dettaglio, la sopracitata norma fa una distinzione tra le parti che vengono definite necessarie all’esistenza del condominio (ad esempio le fondazioni, i tetti, il terreno su cui è stato costruito il condominio, i muri portanti e via dicendo); gli impianti e anche le opere finalizzate all’uso cosiddetto comune (i pozzi, gli impianti fognari, quelli idrici, ecc.); le parti chiamate, appunto, facoltative, giacché di natura strumentale ad un adeguato uso del condominio e di tutti i servizi offerti dallo stesso (l’ascensore, la lavanderia, il parcheggio, il portiere e così via).
Quindi la sussistenza di un condominio non è il necessario presupposto di una zona comune che sia per forza destinata al parcheggio delle auto (in quanto, come appena citato, questo rientra tra le parti facoltative). In più è anche possibile che l’area in questione sia esclusa completamente dal titolo, mediante, ad esempio, l’espresso riconoscimento a determinati soggetti della proprietà del posto auto. Inoltre non è garantito, né tantomeno certo o appurato che una zona che sia scoperta, di un immobile condominiale, possa essere reputata un parcheggio ai sensi della sopracitata norma. Dipende tutto dalla destinazione che le è stata riservata.
La destinazione dello specifico bene condominiale viene stabilita dal titolo stesso, oppure dal regolamento condominiale. Essa può comunque essere soggetta a rettifiche e ciò normalmente avviene al fine di andare incontro a bisogno di natura condominiale.
Posto quanto sopra, di solito il volere delle parti concerne il riconoscere al proprietario di una determinata area presente all’interno del condomino, un diritto di natura perpetua e che consenta di beneficiare di uno specifico posto macchina che sia stato ricavato da una zona condominiale considerata comune.
Come già brevemente anticipato, si parte dal presupposto che ogni singolo condomino ha la possibilità di usare i beni condominiali per l’espletamento di fini e di esigenze di natura prettamente personale. Per fare alcuni esempi concreti che meglio consentiranno di comprendere l’argomento oggetto di esame, è possibile citare il caso del condomino che pianta, all’interno delle aiuole condominiali, alcune piantine di basilico. Oppure colui che fa transitare sulla facciata esterna dell’immobile condominiale, il cavo che gli consente di connetterlo all’antenna posta sul tetto. O, ancora, al condomino che fa uso della terrazza condominiale quale deposito per la propria biancheria (in altre parole per farla asciugare). O che installa un apparecchio di videosorveglianza nell’area esterna e che riprenda solo la porta della propria abitazione. O di chi fa installare dei pannelli di tipo fotovoltaico sul tetto dell’edificio condominiale.
Si tratta, in sostanza, di facoltà che non richiedono un’apposita autorizzazione da parte dell’assemblea a di condominio, e dunque un necessario preavviso.
Tuttavia un simile potere presenta dei limiti: i condomini non potranno usare i beni condominiali comuni per scopi che siano contrari alla loro specifica destinazione. Per esempio è vietato avvalersi dell’ingresso del condominio per parcheggiarci un mezzo, quale ad esempio una bicicletta.
Ma cosa fare, in concreto, se vi sono condomini che occupano spazi comuni senza averne diritto? Innanzitutto occorrerà convocare l’assemblea condominiale e cercare di risolvere bonariamente la controversia. L’amministratore, in tal caso, sarà tenuto ad agire in via legale contro il soggetto che occupa abusivamente lo spazio comune.
In ogni caso, comunque, l’amministratore di condominio ha la facoltà di agire pur in assenza di apposita autorizzazione da parte dell’assemblea condominiale, giacché tra i suoi compiti vi è proprio quello di tutelare le aree comuni del condomino.
Pertanto, l’amministratore di condominio dovrebbe chiamare un avvocato in modo tale che, a seguito di una serie di passaggi obbligatori e che meglio venderemmo, notifichi al condominio che non rispetta le regole delle aree comuni, un atto di citazione.
Detta notifica risulta fondamentale per evitare che scatti il cosiddetto usucapione dell’area comune in capo al soggetto che la occupa. E questo perché l’usucapione è sempre possibile, all’interno di un condomino, salvo che l’uso da parte del condomino dello spazio occupato venga interrotto dal resto dei condomini per venti anni. Il che significa che non basta l’uso di natura ventennale. Lo stesso vale per le aree adibite a parcheggio di tipo condominiale: si possono usucapire unicamente nel caso in cui questo venga recintato con apposita catena. Oppure, per ciò che concerne il sottotetto oppure il lastrico di natura solare, salvo che la non venga mutata la serratura e di non dare duplicati delle chiavi.
Non risulta quindi sufficiente una diffida ad adempiere nei confronti del condominio che occupa lo spazio comune per arrestare il decorso di venti anni di usucapione. Occorre quantomeno una notifica di un atto di tipo giudiziario.
Comunque sia, l’occupazione delle zone comuni si ha nei casi in cui il condomino si accinge ad occupare tali aree senza consentire ad altre persone di farne uso.
Trattasi, in sostanza, di parti ove i condomini possiedono il medesimo diritto d’uso, in assenza di vincoli riguardanti la quota cosiddetta millesimale oppure della quota percentuale che contribuisce agli oneri condominiali.
Dunque, ricapitolando con alcuni esempi: il condomino che occupa il cortile del condominio con la propria attrezzatura perché deve eseguire alcuni lavori all’interno della propria abitazione; il condomino che posteggia la propria vettura sempre nel cortile adibito a mero passaggio; il condomino che lascia la propria bicicletta sul pianerottolo condominiale.
In ogni circostanza del genere sono previsti determinati interventi finalizzati a ricreare la situazione antecedente e ottimale per ogni condomino.
Passando adesso ad esaminare nel dettaglio ciò che occorre sapere riguardo alla diffida ad adempiere, ovverosia alla diffida relativa all’occupazione delle aree condominiali, innanzitutto è opportuno precisare che questa trova la sua disciplina nell’articolo 1130 del codice civile. Detta norma, infatti, stabilisce che l’amministratore di condomino è tenuto a “disciplinare” l’utilizzo dei beni comuni e la loro relativa fruizione. Un compito strettamente finalizzato a far sì che i singoli condomini abbiano la possibilità di avvalersi di ogni servizio condominiale al meglio, e in assenza di fastidiose ed inopportune limitazioni.
Nell’eventualità poi in cui si giunga all’installazione di una causa, sarà lo stesso amministratore condominiale a rappresentare i vari condomini, e questo senza che sia necessaria un’apposita autorizzazione da parte dell’assemblea condominiale. Il che significa che il condominio che intende procede con una lettera di diffida relativa all’occupazione delle zone condominiali, dovrà necessariamente interpretare l’amministratore di condominio. A quel punto l’amministratore, in un momento antecedente all’invio della lettera di diffida, sarà tenuto a convocare presso di sé il condomino che ha occupato lo spazio comune.
La lettera relativa alla convocazione del condomino, in particolare, ha lo scopo di delineare la condotta tenuta dal soggetto, ovverosia che questa rientra tra i comportamenti illeciti, giacché arreca un chiaro pregiudizio al resto dei condomini, a proposito dell’occupazione di specifiche aree comuni.
Ad esempio, al condomino sarà intimano di sgombrare l’area dagli oggetti di sua proprietà, collocati lì illegittimamente e senza alcun titolo.
Detta lettera specificherà, inoltre, che se il condomino al quale è rivolta non adempirà entro un lasso di tempo determinato, colui che ha lamentato simili condotte avrà la facoltà di agire per le vie legali, così da ottenere in via coercitiva ciò che già ha esplicato all’amministratore di condominio.
Ne consegue che, prima della stipula e dell’inoltro di una formale diffida ad adempiere, l’amministratore di condominio sarà obbligato a tentare prima una definizione bonaria della controversia. Se questo non dovesse succedere, dovrà essere inviata una lettera, per il tramite di un avvocato, mediante raccomanda con ricevuta di ritorno, così provare il ricevimento.
Modello Diffida di Occupazione degli Spazi Condominiali
Di seguito è possibile trovare il fac simile diffida di occupazione degli spazi condominiali in formato Word da scaricare. Il documento può poi essere aperto e modificato inserendo i dati mancanti.