In questa guida spieghiamo come funziona la raccolta firma in un condominio, quale risulta essere la sua validità e mettiamo a disposizione un fac simile.
In quali casi i condomini possono raccogliere le firme per prendere decisioni sulla gestione della cosa comune? Come va formulata la petizione e che valore legale assume quando raggiunge la maggioranza dei condomini? Cosa succede se con la raccolta di firme si chiede la disapplicazione di una norma contenuta nel regolamento contrattuale? Intorno al diritto condominiale sorgono numerosi dubbi che hanno ad oggetto sia questioni squisitamente giuridiche che di ordine pratico, come questo caso che pone diversi interrogativi.
Scopriamo insieme nel corso di questo articolo cos’è la raccolta firme condominiale e quando è possibile organizzarla, evidenziandone anche le conseguenze sull’assemblea.
Indice
La raccolta firme in condominio e il suo valore vincolante
La quotidianità in condominio non è sempre facile sia per i problemi che derivano dalla condivisione degli spazi che per la difficoltà di giungere a decisioni importanti in tempi rapidi. Per questa ragione può capitare che uno o più condomini si accordino per prendere decisioni comuni a favore dell’edificio al di fuori dello strumento assembleare.
Tale strumento prende il nome di raccolta firme o petizione condominiale e viene utilizzato, ad esempio, per spingere gli altri condomini a prendere una decisione sui lavori edili da eseguire, per revocare l’amministratore o, ancora per eseguire opere straordinarie che richiedono la maggioranza dei voti. Ovviamente, la raccolta firme in condominio non può sostituire in alcun modo la decisione presa in assemblea, ma obbliga l’amministratore a indire una riunione per discutere dell’argomento e prendere una decisione definitiva.
Sappiamo, infatti, che la sede naturale dove prendere le decisioni in condominio è l’assemblea, che quando viene formata in modo corretto e nel rispetto delle norme, diventa lo strumento principe dove esporre le criticità più disparate e trovare soluzioni condivise. Sebbene le riunioni condominiali non si svolgano sempre in un clima di serenità e sono sovente mosse da sentimenti contrastanti, alla fine giungono sempre a un accordo più o meno condiviso, anche grazie all’aiuto dell’amministratore che funge da mediatore e al raggiungimento del quorum richiesto dalla legge.
Da questo primo assunto discende una conseguenza naturale e cioè che la raccolta delle firme, non avendo alcuna garanzia normativa, potrebbe essere facilmente contestata perdendo la sua finalità quando non è partecipata da tutti i condomini o non è chiara nelle sue richieste. Secondo una parte minoritaria della dottrina, quando la petizione o raccolta di firme ha ad oggetto materie di competenza dell’assemblea condominiale, essa non ha valore legale. Ciò significa che le decisioni prese dall’assemblea devono seguire un percorso normativo prefissato e risultare da un contraddittorio, talvolta acceso, tra i condomini che si confrontano ascoltando le istanze di tutti i presenti e dando voce alle idee degli assenti, attraverso lo strumento della delega. Per questo l’assemblea è il luogo ideale dove prendere decisioni su questioni importanti per la quotidianità del condominio.
Secondo la stessa dottrina, non sempre condivisa dalla giurisprudenza, lo strumento della raccolta firme può essere molto utile, invece, nelle materie che hanno ad oggetto il regolamento condominiale di natura contrattuale. Come vedremo successivamente, infatti, questo tipo di regolamento si fonda sulla volontà comune dei condomini e può essere modificato con lo stesso criterio e cioè con la volontà unanime di tutti, al contrario del dettato normativo che non può essere oggetto di variazione da parte dei privati cittadini.
Il valore legale della raccolta firme e la decisione presa
Per quanto riguarda il valore legale del documento sottoscritto dai condomini, spesso questi ultimi si chiedono se sia possibile redigere un verbale sottoscritto da tutti i condomini per accettazione da mostrare successivamente all’amministratore. Una sorta di strumento in deroga all’assemblea ordinaria che servirà a dare esecuzione alla decisione deliberata.
È necessario chiarire che l’articolo 1136 settimo comma del codice civile sostiene che il verbale è quel documento che viene redatto al termine dello svolgimento di un’assemblea condominiale. L’indicazione normativa è specifica e chiarisce che la petizione può assumere valore di atto di indirizzo e in qualche caso di deliberazione, in base al suo contenuto. Facciamo qualche esempio per essere più chiari: vi può essere il caso in cui i condomini decidano di riunire le firme per la costruzione e il montaggio dell’ascensore con contestuale raccolta di fondi. In questo caso l’amministratore, una volta preso atto delle firme e della decisione unanime dei condomini, non può fare altro che eseguire la loro decisione. Non possiamo dimenticare che egli è un mandatario del condominio con il compito di porre in essere quegli atti giuridici che le delibere e la legge prevedono tra le sue mansioni. In altre parole, l’amministratore dovrà adoperarsi per raccogliere le quote e disporre il progetto e il montaggio dell’ascensore.
In via generale la delibera è quello strumento legislativo con cui viene determinata la volontà collettiva e che vincola anche i dissenzienti quando vi sono i quorum deliberativi necessari, la convocazione di tutti i proprietari e il rispetto delle formalità previste dalla legge. Quando i condomini decidono di aggirare l’ostacolo esprimendo la loro volontà in modo chiaro ed espresso, quello specifico passaggio diventa inessenziale consentendo di raggiungere ugualmente lo scopo.
La prassi ci offre un altro importante spunto di riflessione che riguarda la vendita dell’alloggio del custode/portiere dell’edificio. Secondo dottrina e giurisprudenza concordanti, quando i condomini decidono all’unanimità di procedere alla vendita di tale immobile l’amministratore ritarda la convocazione dell’assemblea per tale decisione, essi possono raccogliere le firme dando mandato all’amministrazione di procedere senza ritardo alla cessione dell’alloggio e questi non può sottrarsi.
Il presupposto per la piena validità e legittimità della petizione è la raccolta delle firme di tutti i condomini e la richiesta espressa in modo esplicito. Essa deve essere redatta in forma scritta e avere ad oggetto una questione specifica non in contrasto con l’ordinamento giuridico. Non è possibile, ad esempio, raccogliere le firme per la realizzazione di opere che causano un pregiudizio all’immobile, mettendo in pericolo tutti coloro che vi abitano.
Nel caso in cui l’amministratore mostrasse qualche dubbio sulla richiesta oggetto della petizione, potrà sempre sottoporre la questione al giudice che valuterà la situazione caso per caso attraverso l’analisi dei documenti e verificando che si tratti di decisioni vincolanti.
Cosa succede se l’amministratore non esegue la richiesta oggetto della petizione
Una volta raccolte le firme e specificata la volontà dei condomini, l’amministratore deve procedere alla convocazione di un’assemblea nel termine di dieci giorni. Qualora l’amministratore non proceda entro il termine indicato, i condomini possono indire l’assemblea in modo diretto e senza il rispetto delle formalità di rito.
Si può verificare il caso particolare che in un condominio non vi sia amministratore. In tale ipotesi è possibile convocare l’assemblea direttamente per volontà di uno dei condomini, sia che si tratti di assemblea ordinaria che di assemblea straordinaria senza incorrere in alcuna violazione. Vogliamo sottolineare un punto focale di questa situazione e cioè che anche quando manca l’amministratore ed è uno dei condomini a convocare l’assemblea, quest’ultima dovrà rispettare tutte le prescrizioni previste dall’articolo 66 delle Disposizioni di Attuazione del codice civile come la data, l’ordine del giorno e il caso da trattare specificamente.
Riunita l’assemblea, occorrerà giungere alla decisione con la maggioranza richiesta dalla legge e cioè rispettando il quorum deliberativo e costitutivo riguardante la materia come previsto dall’articolo 1136 del codice civile. Si tratta di un punto essenziale, dal momento che il mancato rispetto di questi elementi renderà la delibera illegittima esponendola a eventuali impugnazioni e vanificando il lavoro preparatorio dei condomini.
Infine, è bene sottolineare che ogni qualvolta i condomini si trovino in una situazione di questo tipo, occorre analizzare il caso nella sua complessità, valutandolo cioè sia dal punto di vista giuridico che pratico. In altre parole, se si vuole dare esecuzione a una delibera eccessivamente complessa, che comporta cioè una spesa eccessiva o che espone l’immobile a un pericolo strutturale, l’amministratore può chiedere una preventiva valutazione di fattibilità da parte di un tecnico specializzato, ritardando l’esecuzione dell’opera. La volontà unanime dei condomini, infatti, non può in alcun modo mettere in pericolo la collettività né limitare il diritto di proprietà dei singoli.
Regolamento condominiale o regolamento contrattuale
Secondo l’articolo 1122 del codice civile, così come modificato dalla riforma del condominio introdotta con la legge numero 220 del 2012, i condomini non devono eseguire opere che possono recare danno alle aree comuni oppure causare un pregiudizio alla sicurezza, alla stabilità e al decoro architettonico del palazzo. Tale divieto si estende alle opere realizzate su parti di proprietà e di uso individuale che sono destinate normalmente all’impiego comune come, ad esempio, il terrazzo.
Eventuali lavori da eseguire sull’edificio devono seguire un percorso preciso e cioè occorre darne notizia all’amministratore preventivamente, il quale ne riferisce all’assemblea ai sensi dell’articolo 1122 c.c.. Oltre alla norme esplicitamente contenute nel codice civile, si aggiungono quelle previste dal regolamento condominiale che, lo sappiamo, può limitare i diritti di proprietà del singolo quando è stato sottoscritto da tutti.
Questo significa che nel caso in cui la clausola del regolamento o lo stesso regolamento è di natura contrattuale e dunque approvato all’unanimità, esso può contenere una limitazione dei diritti dei condomini nelle loro abitazioni, consentendo una sua eventuale modifica con approvazione unanime dei proprietari. Ci si chiede a tal proposito se una raccolta firme in una delle materie che non sono di competenza dell’assemblea e che incidono in modo diretto sul diritto del singolo può legittimare la non applicazione del regolamento contrattuale. La dottrina prevalente ritiene che se la petizione è formulata in modo non equivoco e con un’esplicitazione chiara della richiesta, essa può legittimare la disapplicazione del regolamento con valore contrattuale. Facciamo un esempio: un condomino che ha figli piccoli con la cattiva abitudine di lanciare giochi dalle grate del balcone decide di apporre una rete di protezione che impedisce il verificarsi di questi episodi. Uno dei suoi vicini si accorge dell’accaduto e lo rende noto all’amministratore, il quale chiede di provvedere alla rimozione della rete poiché si tratta di un intervento che non è consentito dal regolamento di condominio.
La richiesta di rimozione dell’amministratore e la decisione dei condomini
Per essere corretta, la comunicazione dell’amministratore al condomino che si rende colpevole di tale condotta deve indicare la norma del regolamento che vieta questo tipo di installazioni su balconi e finestre senza specifica approvazione assembleare, oltre alla possibilità di indire un’assemblea nel caso in cui non vi fosse la rimozione. Si inserisce in questo modo la questione della raccolta firme, che potrebbe diventare l’occasione per dare il permesso al condomino di tenere la rete di protezione nonostante il divieto posto dal regolamento. Ovviamente, la raccolta andrebbe fatta prima dell’assemblea con decisione unanime dei condomini.
Oltre alla previsione specifica nel regolamento di condominio, ricordiamo che l’articolo 1122 c.c. vieta opere sul terrazzo quando arrecano pregiudizio al decoro architettonico, alla sicurezza e alla stabilità dell’edificio e in ogni caso è necessaria la preventiva notizia all’amministratore che deve comunicarlo all’assemblea.
In questo caso specifico è fondamentale la scriminante nascente dalla presenza del divieto nel regolamento contrattuale, dal momento che la volontà unanime dei condomini può modificarne il contenuto e quindi consentire la presenza della rete sul balcone. Superato questo ostacolo, però, l’amministratore dovrà poi valutare se quell’opera arreca danno all’edificio e in questo caso il divieto non è superabile in nessun modo perché si tratta di una norma di salvaguardia della pubblica incolumità. Questo significa che la volontà dei condomini non può influire in nessun modo sulla decisione perché il divieto trae origine non da un accordo tra privati, ma dalla voluntas del legislatore che ha emanato la norma.
In altre parole, l’amministratore dovrà preventivamente considerare se la decisione dei condomini prevede la disapplicazione di un accordo tra privati, come nel caso del regolamento condominiale di natura contrattuale, e solo dopo verificare se tale disapplicazione causi una violazione della legge.
Ovviamente, in un caso come questo, quando non si raggiunge un accordo, è possibile ricorrere all’autorità giudiziaria per la risoluzione della controversia. Il giudice dovrà valutare la liceità della norma prevista nel regolamento contrattuale e il superamento della stessa mediante richiesta dei condomini, sempreché non coincida con una norma del codice civile o di una legge speciale in quella specifica materia.
La richiesta del condomino di convocare l’assemblea
Alla luce di quanto esposto, sembra chiaro che la sede naturale per risolvere i conflitti tra condomini è l’assemblea. Eppure, un dubbio nasce quando si considerano i tempi di convocazione e cioè se l’amministratore non riunisce l’assemblea tempestivamente. In questo caso il singolo può organizzare una raccolta firme per decidere in modo più celere, oppure deve attendere la convocazione dell’assemblea ordinaria ex articolo 1135 del codice civile? La risposta arriva dalla dottrina, che ritiene non necessario aspettare l’assemblea ordinaria, dal momento che l’articolo 66 delle Disposizione di Attuazione del codice civile offre come ulteriore strumento di risoluzione dei conflitti l’assemblea straordinaria. Secondo l’ordinamento, infatti, essa può essere convocata ogni qualvolta l’amministratore lo ritenga necessario o dietro richiesta di due condomini almeno che rappresentino un sesto dell’intero valore dell’immobile.
Ricordiamo che l’articolo 1135 del codice civile indica in modo espresso quali sono le attribuzioni dell’assemblea in qualità di organo plenipotenziario e soggetto interessato al condominio in modo diretto. Specificamente, l’assemblea può chiedere di riunirsi per confermare l’amministratore al termine del mandato annuale, anche se nominato giudizialmente. Può inoltre statuire sulla sua retribuzione nel caso in cui sia stato stabilito che egli svolga il mandato gratuitamente (articolo 1129 c.c.). Possono riunirsi, ancora, per approvare il bilancio preventivo con l’elenco delle spese da sostenere durante l’anno con la ripartizione tra condomini; approvare il rendiconto annuale con la possibilità di impiegare i sopravanzi di gestione ed eventualmente, approvare opere di manutenzione straordinaria con costituzione di un fondo.
Modello Raccolta Firme in Condominio
Di seguito è possibile trovare il fac simile passaggio di raccolta firme in condominio in formato Word da scaricare. Il documento può poi essere aperto e modificato inserendo i dati mancanti.