Nell’ambito di un condominio è possibile che sorgano problematiche inerenti alla figura dell’amministratore. In particolare, non è poi così raro che il soggetto che viene nominato amministratore non adempia correttamente ai propri obblighi. In altre parole, potrebbe violare gli impegni assunti, tenere gravi comportarti e provocare, pertanto, delle conseguenze assai negative per i condomini che abitano nel palazzo. Da qui i dubbi su come agire ai fini dell’autotutela, soprattutto alla luce del fatto che l’amministratore condominiale potrebbe sia commettere un fatto illecito, ovverosia arrecando un vero e proprio danno al condominio (in questo caso ne risponderebbe da un punto di vista civile) oppure commettere un reato (in una simile eventualità ne risponderebbe penalmente).
Qua di seguito verranno enunciati quelli che sono i compiti dell’amministratore, cosa fare in caso di inadempienza e tutto quello che è importante conoscere sull’argomento.
In linea generale, colui che è incaricato di amministrare un condominio si occupa fondamentalmente di gestire l’intero stabile, nonché di dare esecuzione alle delibere di tipo assembleare. Dette funzioni possono variare notevolmente: da quella che viene definita manutenzione del condominio di natura ordinarietà, a quelle inerenti alla gestione in senso stretto, alla conservazione di quelle che vengono considerati i beni comuni di tutti i condomini.
Le attribuzioni di una simile figura possono essere esecutive, come ad esempio quelle riguardanti l’esecuzione delle varie delibere, e di genere amministrativo, ovverosia tutti quegli adempimenti di natura fiscale e di tipo tributario.
Ciò che invece lega l’amministratore ai singoli condomini, ai sensi dell’articolo 1703 del vigente codice civile, è il mandato di rappresentanza. Trattasi, in sostanza, di un vero e proprio contratto, mediante il quale l’amministratore condominiale (detto anche mandatario) assume l’obbligo di porre in essere determinati atti di attua giuridica per conto dei condomini (chiamati mandanti).
Ne consegue che l’amministratore deve rispettare i dettami del codice civile, in quanto riveste il ruolo di soggetto mandatario. In particolare, l’articolo 1129, comma quindici, del codice civile, disciplina il mandato e detta disposizioni che hanno valenza anche per coloro che sono amministratori di diversi genere di edifici, come quelli di edilizia cosiddetta popolare ed altresì economica e via dicendo.
Entrando maggiormente nello specifico, l’articolo numero 1129 del codice civile parla della della nomina, nonché delle obbligazioni n capo all’amministratore di condominio; il successivo tratta invece delle attribuzioni dello stesso; l’articolo 1131 del codice civile enuncia la rappresentanza; l’articolo 1133 del codice civile disciplina i provvedimenti che possono essere adottati dall’amministratore; l’articolo 64 delle disposizioni di attuazione del vigente codice civile sancisce invece i casi di revoca; l’articolo numero 71 bis, sempre delle disposizioni di attuazione argomenta quelle che sono le condizioni affinché l’incarico possa essere svolto.
A ciò si aggiunge che l’amministratore, nell’adempiere ai propri compiti e al proprio incarico, deve necessariamente impiegare quella che viene definita, ai sensi dell’articolo 1710 del codice civile, la diligenza del buon padre di famiglia.
Posto quanto sopra, è bene precisare che nel regolamento condominiale possono essere contenuti ulteriori dettami relativamente alle attribuzioni della figura in esame.
In ogni caso, ogni provvedimento che sia direttamente adottato dall’amministratore assumono rilevanza obbligatoria per i vari condomini.
In linea generale, comunque, la normativa parla di attività di “ordinaria” amministrazione poste a carico del soggetto in questione. Per quelle invece di straordinaria “amministrazione” serve una precisa delibera di natura assembleare.
Quindi, l’amministratore è tenuto: alla convocazione, e questo deve avvenire come minimo una volta durante l’intero anno, dell’assemblea condominiale; all’esecuzione di ogni delibera assembleare, come ad esempio in relazione all’eventuale assunzione di una specifica ditta che si occupa di pulizia; alla convocazione, sempre in via annuale, dell’assemblea condominiale al fine dell’approvazione del rendiconto; alla riscossione degli importi, nei confronti dei singoli condomini, finalizzati alla gestione di natura finanziaria; al porre in essere i dovuti pagamenti, avvalendosi del conto corrente intestato al condominio; all’attivarsi qualora vi fossero dei condomini che risultano morosi, così da cercare di ottenere il denaro da questi dovuto; all’applicazione alla vigilanza sull’osservazione del regolamento di condominio; all’esecuzione di ogni adempimento di genere fiscale che sono posti direttamente a carico del condominio; alla corretta tenuta di quelli che vengono definiti registri condominiali, ove deve indicare le precise generalità di tutti coloro che vivono all’interno del condominio, nonché chi sono a risultare titolare di particolari e personali diritti di “godimento”; alla redazione del rendiconto di genere annuale della gestione del condominio e alla convocazione dell’assemblea affinché lo stesso venga approvato dai vari condomini.
In particolare, tra i compiti indispensabili a cui l’amministratore deve necessariamente ottemperarle, vi è quello di aprire il conto bancario che sia a nome del condominio. Sarà al suo interno, infatti, che transiteranno gli importi ottenuti, indipendentemente dal titolo o dalla ragione, dai singoli condomini o da soggetti terzi. Preme comunque precisare che ogni singolo condomino ha la facoltà di visionare il rendiconto periodico.
Qualora l’amministratore condominiale dovesse venire meno a tale obbligo, e quindi dovesse omettere di aprire il conto, potrebbe andare incontro alla revoca per giustificato motivo. In ogni caso, una simile condotta si configurerebbe come una vera e propria irregolarità, reputata grave.
Inoltre, come già accennato, l’amministratore deve esaminare in che modo i condomini fanno uso dei servizi e dei beni che risultano in comune tra gli stessi (come ad esempio le scale del palazzo, il cortile e via dicendo). Più nel dettaglio, egli è tenuto a regolare il loro godimento, così che venga garantita a tutti la loro giusta fruibilità.
Infine, l’amministratore è incaricato anche di occuparsi della manutenzione dello stabile e di tutto ciò che è reputato necessario.
Per quanto poi concerne tutti quegli atti che hanno un’incidenza che viene considerate negativa sulle zone comuni dello stabile, sia l’amministratore che i condomini hanno la possibilità di diffidare colui che pone in essere dette condotte e chiederne la cessazione immediata. Invero, l’amministratore potrà agevolmente inviare una lettera a chi viola le regole relative alle aree comuni per far sì che si ristabilisca quello che viene considerato il normale uso. E, se è il regolamento di condomino a disciplinarlo espressamente, al trasgressore potrebbe anche spettare una sanzione pecuniaria.
Ma tornando alle obbligazioni che l’amministratore si assume accettando un simile incarico, nelle ipotesi in cui egli dovesse venire meno ai propri compiti, potrebbe incappare in irregolarità tali da compromettere il suo mancato (e quindi portare alla sua revoca) o, nelle ipotesi più gravi, anche ad una responsabilità di natura penale.
Sul punto preme sottolineare come l’amministratore sia eletto dai vai condomini, ragion per cui, affinché ciò avvenga, deve essere convocata obbligatoriamente l’assemblea. La delibera relativa alla sua nomina deve essere adottata mediante il voto a favore del cinquanta per cento del valore dello stabile e della maggioranza dei soggetti che sono intervenuti.
Ne consegue che, per prima cosa, deve essere convocata l’assemblea condominiale. Soltanto allora si potrà poi passare alla votazione finalizzata al nominare un nuovo amministratore. Pertanto, l’assemblea può essere agevolmente convocata anche per mano dell’amministratore che viene reputato uscente. Se lui non lo fa, questo può essere fatta richiesta dai condomini sulla base di alcuni requisiti: detta richiesta può infatti avvenire ad opera di minimo due condomini che però abbiano la facoltà di rappresentare un sesto del valore del condominio. Dopo dieci giorni, tali condomini potranno procedere.
Dunque, sulla base di quanto enunciato nell’ambito di questo paragrafo, è possibile dedurre che un amministratore può subire la revoca del propri incarico se: scade il mandato, ovverosia dopo un anno dal momento in cui è stata decretata la nomina dello stesso; avviene espressamente durante il mandato, sia per causa reputata giusta che non, e ciò dev’essere votato dall’assemblea; avviene ad opera di un’autorità di tipo giudiziario, per causa reputata giusta.
Per procedere alla revoca di un amministratore tramite convocazione dell’assemblea, serviranno le stesse maggioranze che devono necessariamente sussistere anche per la nomina.
Relativamente invece alla durata del mandato, questo, come appena accennato, corrisponde ad un anno. L’incarico è reputato rinnovato tacitamente qualora l’assemblea dei condomini non provveda alla revoca dell’amministratore. Si tratterà di una revoca per cosiddetta “giusta” causa se i vari condomini domanderanno la convocazione dell’assemblea perché, per fare un esempio concreto, la figura in esame abbia omesso di aprire il conto bancario intestato al condominio, oppure si sia reso autore di irregolarità di natura fiscale. Al contrario avremo una causa “non” giusta, ovverosia in mancanza di motivazioni precise e specifiche, in tutte le altre ipotesi che si basino su un rapporto di fiducia: essendo questa la natura del contratto di mandato, qualora dovesse venire a mancare detta fiducia tra amministratore del condominio e i singoli abitanti della struttura, la revoca dell’incarico si rivelerà più che legittima.
Infine, la revoca dell’amministratore può avvenire ad opera di un Tribunale.
L’amministratore di condomino, come già anticipato, che commette un reato, ne risponde penalmente. Ma cosa s’intende esattamente? E quali sono i comportamenti che corrispondono ad una fattispecie prevista e sanzionata nel vigente codice penale?
Innanzitutto, commette reato l’amministratore che, nell’ambito dell’assemblea condominiale, offende un condomino che in quel momento non è presente. Il reato in questione è detto di diffamazione.
Altro caso è quello dell’amministratore che si appropria del denaro versato da uno o più condomini per gli oneri di gestione, e ne fa uso per finalità strettamente personali. In questo caso commetterà il reato che viene definito di appropriazione indebita.
Se poi l’amministratore omette volontariamente di eseguire uno specifico provvedimento del giudice, ad esempio qualora quest’ultimo abbia emesso decreto ingiuntivo nei confronti di un condominio che si è rivelato moroso, incorrerà nel reato di mancata “esecuzione” di tipo doloso di un apposito provvedimento del magistrato.
Gli verrà invece imputato il reato di violazione di domicilio, se l’amministratore di condominio si introduce all’interno dell’appartamento altrui, senza l’espressa volontà del condomino.
Infine, per fare un altro esempio, se l’amministratore non provvede a riparare opere cosiddette comuni dell’immobile (quale potrebbe essere una ringhiera), e da questa omissione ne consegua un evento di tipo dannoso (come un incidente che porti alle lesioni personali di un condomino), egli risponderà del reato di “omissione di lavori” di edifici che “minacciano” rovina.
Posto quanto sopra, sul tema preme precisare che l’amministratore di condominio, ai sensi dell’articolo 40, comma due del codice penale, ha una posizione di cosiddetta garanzia, giacché è suo onere quello di vigilare su quelle che vengono definite parti di genere comune, nonché adottarne ogni misura considerata idonea ad evitare danni per la cosiddetta incolumità di tipo pubblico, proveniente dai beni di natura condominiale.
Ne consegue che l’amministratore condominiale deve necessariamente porre in essere tutte quelle attività che gli permettano di attivarsi, in modo tale da evitare l’insorgere di ipotetiche casistiche dei pericolo. E questo, come già anticipato, al fine che lo stesso ne risponda in via penale.
Per mera precisazione occorre inoltre far presente che l’amministratore di condominio può commettere agevolmente reati sia di natura omissiva, sia reati di natura commissiva. Riguardo ai reati cosiddetti omissivi, il nostro codice penale è chiaro in proposito nell’affermare che non impedire un “evento” che si ha giuridicamente l’obbligo, appunto, di impedire, ai sensi dell’articolo 40 secondo comma del codice penale, corrisponde al commetterlo.
In particolare, l’amministratore sarà tenuto al rispetto della normativa sulla sicurezza, dato che, se da detta omissione sorgesse un qualunque danno (come ad esempio la morte di uno dei condomini oppure delle lesioni di genere personale), egli, come detto, ne risponderà in via penale. Tutto ciò sulla base della pozione cosiddetta di garanzia che l’amministratore condominiale riveste.
Per fare un esempio ancora più concreto, che meglio consentirà di comprendere la questione: è possibile che all’interno della struttura del condominio vi siano dei cornicioni che vengono considerati pericolanti. L’amministratore di condominio, a quel punto, dovrà vietare il transito sotto le aree reputate a rischio, o comunque l’accesso alle stesse. Questo perché se il cornicione dovesse cedere e una persona venisse colpita dal cemento (sia essa un condomino oppure un soggetto terzo), l’amministratore verrebbe imputato del reato di lesioni definite colpose, ai sensi dell’articolo 590 del codice penale, oppure, qualora detta persona morisse, del reato di omicidio della specie colposa, disciplinato all’articolo 589 del nostro vigente codice penale.
Qualora dovesse sorgere una responsabilità di natura penale in capo all’amministratore di condomino, sarà possibile querelarlo, oppure denunciarlo, dinnanzi alle autorità competenti.
Sussiste una sostanziale divergenza tra querela e denuncia: mentre quest’ultima è comprensiva unicamente dell’esposizione dei fatti di reato, la querela richiede che venga espressamente punito un determinato soggetto (che nell’ipotesi in esame sarà l’amministratore condominiale.)
La querela deve essere necessariamente presentata entro e non oltre mesi tre dal momento in cui il condomino è venuto a conoscenza dei fatti-reato ad opera dell’amministratore di condominio. La denuncia, invece, non è sottoposta a termini.
Entrambi gli atti, però, possono essere fatti sia oralmente che per iscritto, nonché in via personale oppure avvalendosi di un avvocato.